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Il lupo è ritornato sulle colline pisane

 La conclusione da uno studio del Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa

 

È tornato il lupo sulle colline pisane e la sua presenza è la più alta mai attestata da oltre tre secoli. La notizia arriva da uno studio condotto dal dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa recentemente pubblicato su Human Dimensions of WildlifeLa ricerca traccia l’evoluzione della presenza del lupo nelle colline pisane tra XVII e XXI secolo in relazione ai cambiamenti socio-economici, ambientali e culturali del territorio. Il quadro che emerge segna un progressivo declino di questo animale con una fase di estinzione locale nell’immediato secondo dopoguerra, sino alla ripresa nel XXI secolo. Due le cause fondamentali del fenomeno: la riduzione del bosco (e delle prede) causato dall’aumento delle aree agricole e la persecuzione esercitata dall’uomo.

Più in dettaglio la ricerca ha evidenziato che l’andamento della popolazione di lupi nelle colline pisane è stato segnato da tre momenti storici cruciali: l’inizio della dominazione dei Lorena del Granducato di Toscana (1737), l’Unità d’Italia (1861) e la Riforma agraria del 1950. Nel XVII secolo il lupo era  ampiamente diffuso nelle colline pisane e la caccia era intensamente praticata per proteggere il bestiame transumante. L’ espansione dell’attività agricola con deforestazione e bonifica iniziata dai Lorena fino all’Unità d’Italia ha determinato quindi un profondo cambiamento nel paesaggio rurale con il conseguente declino dei lupi, fino ad arrivare ad una estinzione locale durante la Seconda Guerra Mondiale. A partire dalla seconda metà del XX secolo, la Riforma agraria ha però sancito l’inizio di un graduale ripristino dell’ambiente naturale che ha portato ad una ricolonizzazione da parte del lupo di quasi tutto il territorio delle colline pisane.

“L’idea di questa ricerca è nata dalla curiosità di conoscere e capire la storia di questo predatore sulle colline pisane dopo che nell’ottobre 2018 è stata accertata inaspettatamente la presenza di un branco nell’area di Crespina-Lorenzana e Casciana Terme-Lari” ha raccontato il professore dell’Università di Pisa Antonio Felicioli.

La presenza storica e attuale del lupo sulle colline pisane è stata delineata dal gruppo di ricerca coordinato dal professore Felicioli mettendo insieme metodi di rilevazione attuali, come fototrappole e analisi genetiche, accanto ad un vaglio minuzioso delle fonti storiche e archivistiche. L’analisi storica ha portato inoltre all’identificazione di 14 toponimi nelle colline pisane che richiamano la presenza di questo carnivoro, alcuni dei quali, come “Salto del Lupo”, ancora oggi usati. Sempre per ricostruire il quadro storico, sono stati fondamentali anche i resoconti di caccia nei vari giornali d’epoca, dalla settecentesca “Gazzetta Toscana”, sino a “Diana”, la principale rivista di caccia del Novecento.

“La presenza attuale del lupo nelle colline pisane è frutto di una naturale ricolonizzazione da parte di questo predatore avvenuta a seguito di un processo di rinaturalizzazione del territorio che ha permesso un ritorno della fauna selvatica ai livelli pre Ottocenteschi – sottolinea la dottoressa Francesca Coppola, prima autrice dell’articolo e attualmente assegnista di ricerca presso l’Ateneo pisano – l’auspicio è di favorire una presa di coscienza sull’importanza dei processi di “restoring” e “rewilding” ambientale e al tempo stesso di frenare “l’irrazionale onda emotiva” che spinge verso l’uccisione del lupo”.

Insieme ad Antonio Felicioli e Francesca Coppola hanno partecipato allo studio Alessia Di Rosso, Laureata in Produzioni animali con dottorato di ricerca in Scienze Veterinarie, Chiara Benedetta Boni, laureata in Conservazione ed Evoluzione e dottoranda in Scienze veterinarie, Samuele Baldanti, dottore agronomo e forestale e libero professionista in ambito faunistico, Michele Malasoma impegnato con lo sportello di Agroecologia per lo studio e conservazione della fauna selvatica nel monte pisano, e Cosimo Gabbani, appassionato di natura ed esperto ornitologo.

Link articolo scientifico:

https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/10871209.2024.2325159?src=

Canis lupus. Foto di Jim Peaco, ritagliata da ZeWrestler, in pubblico dominio

Testo dall’Unità Comunicazione Istituzionale dell’Università di Pisa.

DAL 5 OTTOBRE ALLE 16.40 SU RAI GULP E IN STREAMING SU RAIPLAY
SI ENTRA NEL LABORATORIO PIÙ DIVERTENTE DELLA TV

IL PICCOLO CHIMICO INSIEME AL TIKTOKER E RICERCATORE MARCO MARTINELLI

Il piccolo chimico Marco Martinelli Il giallino

PER AFFASCINANTI E DIVERTENTI ESPERIMENTI SCIENTIFICI

DALLA LOCATION D’ECCEZIONE DELLA SCUOLA SUPERIORE SANT’ANNA DI PISA,

AD AFFIANCARE MARCO 

QUATTRO ASSISTENTI SPECIALI: FRANCIO, ELIA, ARGENTO E MERCURIO.

Un appuntamento speciale, dedicato agli esperimenti scientifici più affascinanti e bizzarri, è in arrivo su Rai Gulp e RaiPlay! Da mercoledì 5 ottobre tutti i giorni alle ore 16.40 (e da lunedì 10 ottobre anche alle ore 20) è l’ora de Il Piccolo Chimico. Il giovane TikToker Marco Martinelli, ricercatore e comunicatore scientifico, è pronto a trasportare i telespettatori nell’affascinante e misterioso mondo della chimica, mostrando semplici ma spettacolari esperimenti e svelando i segreti da laboratorio, con aneddoti curiosi e divertenti.

Nei quindici episodi de Il Piccolo Chimico, della durata di 10 minuti l’uno, Marco non sarà solo.

 

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Come ripeterà sempre nel corso di ogni puntata, infatti, per far sì che un esperimento possa essere realizzato correttamente e in sicurezza occorre essere sempre seguiti da almeno un aiutante esperto. Per questo, Marco sarà in compagnia di alcuni assistenti davvero speciali: FrancioEliaArgento e Mercurio. Si tratta di quattro character di fantasia, animati in 2D che, con il loro spirito positivo e fortemente emotivo, aiutano (e spesso “disturbano”) Marco nella realizzazione del suo esperimento.

Il piccolo chimico Marco Martinelli Il giallino

A ospitare tutti i protagonisti de Il Piccolo Chimico due location d’eccezione, entrambe collocate all’interno della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: il laboratorio è il set principale di ogni puntata, ricavato all’interno del prestigioso Laboratorio PlantLab dove Marco ha conseguito laurea e dottorato, e la biblioteca del campus, che accoglie Marco durante gli affascinanti racconti di storie da laboratorio e di grandi scienziati.

Ma oltre agli esperimenti ci sarà modo di divertirsi anche con musica e colpi di scena.
Nella Green Room, dove il conduttore si ritroverà per cantare insieme ai ragazzi a casa la canzone dedicata all’esperimento di puntata, e il Bang Bang Lab, una location d’eccezione dedicata agli esperimenti più pazzerelli che hanno un pizzico di esplosivo.

 

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Le canzoni originali de Il Piccolo Chimico cantate da Marco sono scritte da Maurizio Bernacchia, autore del CET di Mogol, e ballate sotto la direzione della coreografa dell’Eurovision Song Contest Irma di Paola. Perfetti tormentoni da TikTok che aiutano a memorizzare formule e reazioni chimiche.

Il Piccolo Chimico è un format innovativo che propone una divulgazione entusiasmante per bambine e bambini sulle materie scientifiche, con dinamiche di intrattenimento che rafforzano il legame genitore-figlio. Molti degli esperimenti proposti da Il Piccolo Chimico sono facilmente riproducibili in compagnia di un adulto, facili da eseguire recuperando materie prime e strumenti presenti in casa.

Il Piccolo Chimico è prodotto da Atomic per Rai Kids in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Scritto da Andrea Boin, già autore di “Me contro te”, Marco Martinelli, Gianluigi Attorre e Caterina Mollica, regia di Gianluigi Attorre. In onda dal 5 ottobre tutti i giorni alle ore 16.40 su Rai Gulp e in streaming su Rai Play.

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa RAI Gulp e Atomic.

Un ritrovamento di Matteo Cosci, ricercatore dell’ateneo veneziano

DALL’UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI (VENEZIA) LA CONFERMA CHE LE CONSIDERAZIONI ASTRONOMICHE DI ALIMBERTO MAURI SONO OPERA DI GALILEO GALILEI

Le prove documentali sono custodite alla Biblioteca Centrale Nazionale di Firenze

Frontespizio delle Considerazioni Astronomiche di Alimberto Mauri (1606), attribuite a Galileo Galilei
Frontespizio delle Considerazioni Astronomiche di Alimberto Mauri (1606), attribuite a Galileo Galilei

VENEZIA – Un vero Galileo sotto falso nome, un Galileo prima di Galileo, prima del canocchiale, prima dello scienziato che la maggior parte di noi conosce; un’opera dalla paternità incerta scritta sotto pseudonimo e una storia complessa di attribuzioni degna di un giallo, dipanata grazie all’abilità quasi investigativa di Matteo Cosci, ricercatore al Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

Lo studioso ha rinvenuto le prove documentali conservate alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze che confermano la dibattuta attribuzione del trattato Considerazioni Astronomiche di Alimberto Mauri (1606) a Galileo Galilei. La pubblicazione, che all’epoca venne accolta come pseudonima senza che l’identità dell’autore venisse mai accertata, può dunque essere confermata come autentica opera del matematico pisano.

 

I DOCUMENTI FALSI

Per capire come si è arrivati a questa conclusione, bisogna fare un passo indietro a quando, poco tempo fa, il New York Times ha dato notizia del fatto che alcuni documenti galileiani posseduti dalla University of Michigan e dalla Morgan Library di New York sono in realtà contraffatti in quanto opera novecentesca del famoso falsario seriale Tobia Nicotra. Il professor Nick Wilding della Georgia State University, autore della scoperta, ha dimostrato infatti come le filigrane della carta sulla quale quei testi furono scritti rendono impossibile una datazione pre-settecentesca. Ad inizio Novecento, quando questi documenti vennero autenticati, lo furono sulla base di ulteriori documenti galileiani, anch’essi risultati poi contraffatti.

Tra questo secondo gruppo di documenti falsi si trova anche una lettera di accompagnamento ad un presunto “Libro della Considerazione Astronomica” firmata da Galileo. A partire dagli anni Settanta, per rendere ragione della missiva, alcuni studiosi intesero questo documento come una prova a favore dell’attribuzione a Galileo di un’opera controversa, le Considerazioni Astronomiche di Alimberto Mauri. Era quello infatti il titolo di un trattato che era stato accolto come un’opera pseudonima e del quale si era sospettata una paternità galileiana fin dalla sua pubblicazione nel 1606. Ad esempio, Fortunio Liceti, collega di Galileo a Padova, alludeva ad Alimberto Mauri come a qualcuno che si fosse finto astronomo per l’occasione mentre era palese che fosse un matematico esperto. Ma dell’autore, allora come oggi, non si è mai riusciti a stabilire con certezza l’identità. La lettera di accompagnamento, oggi conservata all’archivio del Fondo “Cardinale Pietro Maffi” di Pisa, per alcuni studiosi sembrava suffragare l’autorialità galileiana. Ora però che l’unico documento a favore dell’identificazione di Galileo come autore è risultato essere un falso, il riemergere di differenti documenti galileiani originali torna a confermare la sospettata attribuzione.

 

IL RITROVAMENTO

La scoperta di Matteo Cosci avviene in modo indipendente dalle recenti cronache di cui si è parlato, ma è correlata ad esse. Il ricercatore ha individuato rilevanti riferimenti in merito tra le carte della raccolta manoscritta catalogata come “Gal. 42” alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, contenente i Frammenti e primi abbozzi relativi al trattato galileiano “Delle cose che stanno su l’acqua”. Tra queste carte di Galileo vi sono raccolte anche note di lavoro che appartengono a periodi e temi diversi, come alcuni riferimenti all’interpretazione della cosiddetta “stella nova” del 1604 in disaccordo con l’interpretazione datane all’epoca dal filosofo fiorentino Lodovico delle Colombe.

Matteo Cosci

Queste carte vennero evidentemente raggruppate insieme ad altre che avevano lo stesso avversario polemico, ma non il medesimo oggetto di disputa. Cosci le ha potute individuare mentre procedeva a raccogliere tutte le note manoscritte di Galileo relative alla disputa sulla stella nova. Precedenti schedature di questi documenti già informavano che si trattasse certamente di note autografe e indirizzate contro il Delle Colombe. Al tempo stesso però queste note non furono mai considerate sufficientemente rilevanti da venire incluse nell’edizione nazionale delle opere di Galileo, tanto da risultare fino ad oggi inedite.

In questi appunti Galileo elenca alla carta 31 recto una lista di “luoghi”, ossia di testi, “dove”, in particolare, [Lodovico Delle Colombe] “parla con vilipendio di me” [Galileo Galilei]. Ma, ha notato sempre il ricercatore cafoscarino, Lodovico Delle Colombe tramite le sue Risposte, alle quali i “luoghi” annotati puntualmente rimandano, non stava attaccando Galileo, mai nominato, bensì Alimberto Mauri. Il fatto dunque che Galileo si consideri attaccato là dove si attacca Alimberto Mauri conferma che Alimberto Mauri fosse lo pseudonimo di Galileo Galilei. In altre parole, è Galileo stesso a confermarci in questa sua nota privata di essere l’autore dietro lo pseudonimo.

Nel complesso, dunque, i documenti autografi rinvenuti da Matteo Cosci risultano ad oggi l’unica evidenza documentaria autentica in favore dell’attribuzione delle Considerazioni Astronomiche a Galileo.

 

PERCHÉ LO PSEUDONIMO?

Galileo in quegli anni lavora a Padova con profitto, ma con un salario ormai non più confacente al mantenimento di sé e della sua famiglia. Pertanto, come già era stato ipotizzato dallo studioso canadese Stillman Drake, si può dire che Galileo ricorra a quest’opera per cercare patrocinio al di là della Repubblica di Venezia e in particolare a Roma, dedicando il trattato nientemeno che al tesoriere del Papa. Ma in quegli anni Roma è ai ferri corti con Venezia – siamo in piena “guerra” dell’Interdetto – ed ecco perché non sarebbe stato consigliabile apporre il proprio nome, nero su bianco, sul frontespizio di un’opera destinata al nemico pubblico.

Non era la prima volta che Galileo ricorreva ad uno pseudonimo: pochi anni prima aveva infatti preso parte ad una polemica sulla medesima stella dietro alla “nomenagia”, o soprannome pavano, di “Cecco da Ronchitti in un’operetta satirica scritta in collaborazione con il suo studente Girolamo Spinelli, e anche in seguito Galileo sarà incline a pubblicare i suoi scritti per interposta persona. Non a caso il Delle Colombe apostrofava la “Signora maschera” ai passaggi elencati, oltre che come “Mauri”, anche come “Cecco” o “quel dottor che leggeva in Padova”. Si tratta di ulteriori epiteti che qui convergono nell’identificazione dell’avversario in incognito.

Delle Colombe scrisse le Risposte pensando a Galileo come il suo avversario salvo poi mostrare qualche esitazione nell’identificare davvero il suo antagonista nella controversia, alimentando così la generale incertezza sulla paternità dell’opera. Al contempo Galileo prese nota di questi “luoghi” in vista di una replica al Delle Colombe. Tuttavia tale replica non fu allora portata a termine da Galileo perché – come ci informa un’altra nota inedita rinvenuta da Cosci nella stessa raccolta – l’avversario non avrebbe nemmeno meritato il tempo speso per la sua confutazione. Nonostante questo, però, la disputa tra i due sarebbe successivamente continuata e si sarebbe anzi inasprita nei primi anni fiorentini di Galileo, quando l’utilizzo di uno pseudonimo non si rendeva più necessario per l’ormai famoso autore del Sidereus Nuncius, né d’altra parte era richiesta una assunzione di responsabilità per il precedente trattato.

 

CONCLUSIONI

 Questa radicale rivalutazione di documenti dimenticati va a confermare un quadro indiziario composito che già tratteggiava la fisionomia del matematico pisano dietro all’intenzione di dissimulazione per le Considerazioni astronomiche. Il trattato pseudonimo, del quale Cosci sta attendendo ora ad una nuova edizione, conserva infatti paralleli testuali con altri scritti galileiani di diversa natura, sia precedenti che successivi, come il De Motu, le Considerazioni circa l’opinione copernicana e il Dialogo di Cecco da Ronchitti, oltre che con una postilla autografa al testo del Delle Colombe stesso. Anche uno studente dell’epoca, Willem van Thienen, esplicitava poi sul frontespizio della propria copia delle Risposte, proprio sotto il titolo di “certa maschera saccente nominata Alimberto Mauri“, il nome di “Galileo Galilei” a chiare lettere.

Il professor Nick Wilding commenta il ritrovamento come

“un eccellente esempio di quanto una paziente e intelligente ricerca d’archivio può risarcire un po’ del danno causato dai falsari. Cosci ha mostrato come una combinazione di scetticismo e abilità possa condurre alla verità storica.”

Inoltre, il Prof. Peter Barker (University of Oklahoma), al corrente delle ricerche di Cosci, ha dichiarato:

“Il Sidereus Nuncius ci dice quando, come e al riguardo di che cosa Galileo fece le sue osservazioni con il cannocchiale, ma, in prospettiva, le Considerazioni Astronomiche ci dicono perché egli avrebbe fatto quelle osservazioni tre anni più tardi.”

Un nuovo capitolo può perciò essere aggiunto alla già monumentale raccolta delle opere dedicata al matematico che rivoluzionò la scienza europea. Tra i più interessanti argomenti trattati in quest’opera si annoverano, ad esempio, l’ipotesi su basi puramente prospettiche della presenza di montuosità sulla superficie lunare, l’idea che in ultima analisi siano ragioni fisiche a spiegare la regolarità di moti celesti apparentemente non uniformi, la critica a coloro che contestano l’astrologia senza avere le competenze astronomiche necessarie per poterlo fare con cognizione di causa.

Le Considerazioni Astronomiche di Alimberto Mauri ci restituiscono quindi un Galileo inconsueto ma riconoscibilissimo, ancora in una fase di transizione e di congetture, ma già impegnato tanto nella ricerca di un nuovo patrocinio per i propri studi quanto nel contrasto alle sicumere dell’aristotelismo più retrogrado, proprio qualche anno prima delle scoperte telescopiche che lo avrebbero portato a Firenze e reso celebre in tutto il mondo. Dal permesso di stampa si evince peraltro che le Considerazioni furono pubblicate a Firenze con l’assenso di Paolo Vinta, primo segretario del Granducato e fratello di Belisario, già corrispondente di Galileo e presto suo mediatore per il desiderato ritorno in Toscana.

Il risultato è frutto di un studio intrapreso nell’ambito del progetto di ricerca ERC Aristotle in the Italian Vernacular: Rethinking Renaissance and Early-Modern Intellectual History (c. 1400–c. 1650)” e attualmente in corso di svolgimento sempre a Ca’ Foscari in partnership con il Department of History of Science, Technology, and Medicine dell’Università dell’Oklahoma con il progetto di ricerca Marie Skłodowska-Curie The Ophiucus Supernova: Post-Aristotelian stargazing in the European context (1604-1654) del quale Cosci è responsabile.

 

Testo e foto dall’Università Ca’ Foscari Venezia sull’attribuzione delle Considerazioni Astronomiche di Alimberto Mauri a Galileo Galilei.

IL CUORE CHE SI “EMOZIONA” E GUIDA IL NOSTRO CERVELLO

Lo studio dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Padova e l’University of California Irvine pubblicato nei “Proceedings of the National Academy of Science of the USA”

cuore cervello emozioni
Foto di ElisaRiva

Le emozioni nascono nel cuore, e non nel cervello, dicevano i poeti. Ora la ricerca scientifica conferma le fondamenta di questo topos letterario. Uno studio dei bioingegneri dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Padova e l’University of California Irvine e pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Science of the USA” analizza il meccanismo che ci porta a provare una specifica emozione a fronte di determinati stimoli e trova nel cuore la radice delle emozioni.

“Che il corpo giochi un ruolo fondamentale nel definire gli stati emotivi è ormai ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica – spiega Gaetano Valenza, docente di bioingegneria al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e ricercatore al Centro “E. Piaggio” – Tuttavia, se escludiamo alcune teorie proposte agli inizi del secolo scorso, fino ad ora l’attività cardiovascolare è stata vista come un semplice supporto metabolico a sostegno del cervello. E solo il cervello sarebbe la sede dei processi biologici responsabili dell’esperienza emotiva cosciente. Noi abbiamo invece evidenze del fatto che l’attività cardiovascolare gioca un ruolo causale nell’iniziare e nel sentire una specifica emozione, e precede temporalmente l’attivazione dei neuroni della corteccia cerebrale. In sostanza, per dirla parafrasando William James, che fu il padre, insieme a John Lange, della cosiddetta teoria periferica delle emozioni, non abbiamo la tachicardia perché abbiamo paura, ma la sensazione di paura è l’esperienza emotiva cosciente innescata dalla tachicardia”.

Per dimostrare questa teoria sono stati utilizzati modelli matematici complessi applicati ai segnali elettrocardiografici ed elettroencefalografici in soggetti sani durante la visione di filmati con contenuto emotivo altamente spiacevole o piacevole. I ricercatori hanno così scoperto che nei primi secondi lo stimolo modifica l’attività cardiaca, che a sua volta induce e modula una specifica risposta della corteccia. Un continuo e bidirezionale scambio di informazioni tra cuore e cervello sottende quindi l’intera esperienza cosciente dell’emozione e, soprattutto, della sua intensità.

“Ovviamente – prosegue Valenza – la complessità delle emozioni che proviamo deriva da uno scambio molto complesso tra il nostro sistema nervoso e i vari sistemi “periferici”, ma è l’attività cardiaca, e non quella cerebrale, a dare il via all’esperienza emotiva.”

Per potere estrarre da una semplice analisi dell’ECG la valutazione di uno stato emotivo, i ricercatori hanno sviluppato delle equazioni matematiche in grado di “decodificare” continuamente la comunicazione cuore-cervello nei diversi stati emozionali. In pratica, data una certa dinamica cardiaca, in un futuro prossimo, potrebbe essere possibile comprendere quale emozione è stata provata dal soggetto sotto osservazione, per esempio utilizzando uno smartwatch.

“La scoperta può avere delle ricadute molto rilevanti sulla comprensione dei disturbi psichici e sulla loro relazione con la salute fisica – afferma Claudio Gentili, del Dipartimento di Psicologia Generale e Centro per i Servizi Clinici Psicologici dell’Università di Padova – e può spiegare perché soggetti con disturbi affettivi, come la depressione, sono associati ad una maggior probabilità di sviluppare patologie cardiache, o, viceversa, tra soggetti con problemi cardiaci quali patologie coronariche o aritmie si riscontra un incremento di ansia e depressione. Il nostro lavoro, oltre a riportare in auge la teoria della genesi periferica delle emozioni, conferma le più recenti posizioni neuroscientifiche che propongono di superare il dualismo tra il cervello inteso come organo esclusivo della mente e il corpo, suggerendo come noi non siamo (solo) il nostro cervello”.

 

Testo dagli Uffici Stampa dell’Università di Pisa e dell’Università degli Studi di Padova.

La Scuola IMT e Nemesys avviano un progetto di ricerca e sviluppo per i materiali e le tecnologie della filiera dell’idrogeno

materiali tecnologie filiera dell'idrogeno
Marco Paggi, ordinario in Scienza delle Costruzioni e direttore dell’unità di ricerca Musam della Scuola IMT Alti Studi Lucca

Lucca 3 febbraio 2022 – Entra nel vivo la collaborazione tra l’unità di ricerca Musam -Multi-Scale Analysis of Materials – della Scuola IMT Alti Studi Lucca e Nemesys, la startup di cui la multinazionale Baker Hughes ha appena acquisito la quota del 30%.

La collaborazione tra la Scuola IMT Alti Studi Lucca e Nemesys, startup con sedi a Firenze e Pontedera (Pisa) avviata ad ottobre 2021 prevede un progetto di ricerca sui materiali e le tecnologie della filiera dell’idrogeno. In particolare, l’unità di ricerca guidata da Marco Paggi si occuperà della ingegnerizzazione e dello sviluppo di prototipi e di tutta la fase che va dal prodotto di laboratorio a uno pressoché pronto per la commercializzazione.

Particolarmente gradita dunque, la notizia odierna dell’entrata di Baker Hughes in Nemesys, un importante riconoscimento da parte di un player internazionale di grande rilievo per la Toscana.

“Le sfide scientifiche sul tema dell’idrogeno – commenta Marco Paggi, ordinario in Scienza delle Costruzioni e direttore dell’unità di ricerca Musam della Scuola IMT – dalla produzione allo stoccaggio, sono un chiaro esempio di ricerca di frontiera con impatto atteso su energia e trasporti, temi caldi per la società. La Scuola IMT è lieta di poter collaborare con una startup che si impegna nel sviluppare soluzioni tecnologiche chiave per il settore industriale.”

Il professor Paggi desidera anche ringraziare Emilio Paolo Vasciminno, private banker, per la sua attività di open innovation che ha portato ad avviare la collaborazione scientifica tra Nemesys e la Scuola IMT.

Testo e foto dall’Ufficio Comunicazione ed Eventi Scuola IMT Alti Studi Lucca sul nuovo progetto di ricerca e sviluppo per materiali e tecnologie della filiera dell’idrogeno.